MARCO BENEFIAL A PALAZZO BARBERINI

Sala Roma 1670-1750 - Palazzo Barberini - Roma

La scena della arti figurative a Roma a cavallo tra il '600 e '700, è caratterizzata da svariati modi di intendere l'arte. Lo stile barocco portato avanti da Gian Lorenzo Bernini (Napoli 1598 - Roma 1680), pian piano lasciano spazio ai nuovi stili proposti da vari artisti del momento. Dalla primavera scorsa, alla Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini, sono state aperte al primo piano, dieci nuove sale espositive. In una di queste si trovano svariate opere di artisti che, anche se non nati a Roma, vi hanno vissuto e lavorato portando avanti a testa alta l'Arte italiana, tra cui Marco Benefial (Roma 1684 - 1764). In questo articolo, troverete tutte le opere dell'artista romano presenti nella sala.

Marco Benefial, Ritratto della famiglia Quarantotti (la famiglia del Missionario) (1756) - Palazzo Barberini - Roma

Nel dipinto di grandi dimensioni posto sulla parete di fronte rispetto l'ingresso nella sala, l'artista ha ritratto la famiglia Quarantotti attorno al giovane chierico Giovan Battista mentre si accinge in esercizio oratorio con la croce in una mano e l'indice verso il cielo. E' curioso notare il vestiario esotico per l'epoca indossato dai partecipanti alla scena i quali sembrano però che siano più affascinati dalla presenza del pittore che dal sermone.
Ritratto della famiglia Quarantotti, Olio su tela 245x335cm. del 1756





Nel dipinto, Marco Benefial racconta l'ultimo atto di una storia d'amore raccontata da Ovidio. Tisbe e Piramo non riescono ad incontrarsi di persona perché ostacolati dalle rispettive famiglie, quindi decidono di incontrarsi in un luogo prestabilito in corrispondenza di un albero di gelso. La prima ad arrivare è Tisbe che poco dopo nota una leonessa con la faccia sporca di sangue che si avvicina ad una fonte per dissetarsi. Lei per paura scappa via ma le cade un velo in terra. La leonessa dopo essersi dissetata vede il velo e lo straccia con le fauci ancora insanguinate e poi se ne va. Piramo che arriva in un secondo momento, vede il velo strappato ed insanguinato, lo riconosce e pensando che la sua amata fosse rimasta vittima della belva, prende il suo pugnale e si trafigge. Poco dopo arriva Tisbe e visto il corpo dell'amato in terra esanime, prende lo stesso pugnale e si trafigge per seguire la sua stessa sorte. Nella scena raccontata attraverso il pennello del pittore, si vede proprio l'ultima scena appena raccontata, aggiungendo due amorini che appaiono come veri macchinatori della scena. Quello in basso alza il velo che ha tratto in inganno Piramo, mentre l'altro seduto su un ramo del gelso, simbolicamente spegne la fiamma che simboleggia la vita dei due amanti.
Piramo e Tisbe, Olio su tela 218 x 135cm del 1735/1740
Marco Benefial, Piramo e Tisbe (1735/1740)





Come Piramo e Tisbe, anche il dipinto di Ercole e Onfale faceva parte della collezione di Niccolò Soderini, ed anche qui il pittore si misura con la favola antica. Ercole è raffigurato mentre viene costretto per punizione a fare lo schiavo della regina Onfale di Lidia. Lo costringe a fare lavori femminili come filare la lana, mentre lei si appropria degli attributi virili di Ercole come la clava e la sua pelle del leone nemeo che indossa. Alle spalle del semidio si trovano due amorini che istigano la passione dell'eroe che per compiacere la sua "regina", si lascia mettere in ridicolo.
Ercole e Onfale, Olio su tela 218x135cm del 1735/1740
Marco Benefial, Ercole e Onfale (1735/1740) - Palazzo Barberini - Roma





La tela sottostante, è il bozzetto per la tela preparatoria per uno dei quadri della cappella di Boccapaduli nella chiesa romana dell'Aracoeli in occasione della canonizzazione di Santa Margherita da Cortona. Nel dipinto viene narrato un momento cruciale della sua storia durante il ritrovamento del corpo nudo in un bosco dell'amante. La donna affranta dal dolore viene guidata dal cane del defunto ed indossa ancora le vesti mondane. Da quel momento Margherita decide di cambiare vita scegliendo di conformarsi ad un modello francescano.
Santa Maria da Cortona ritrova il cadavere dell'Amante, Olio su tela 120x145cm del 1728/1732


Marco Benefial, Santa Maria da Cortona ritrova il cadavere dell'Amante (1728-1732) - Palazzo Barberini - Roma


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