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Giovanni Antonio Bazzi detto Sodoma alla Galleria Borghese

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    #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Giovanni Antonio Bazzi detto SODOMA, Pietà (1540) Il dipinto risulta in Collezione già dalla metà del XVII secolo, come opera di Leonardo o di Sodoma, nome quest’ultimo poi definitivamente accettato.La Pietà appartiene alla produzione tarda dell’artista. Il forte chiaroscuro delle figure e il paesaggio cupo nello sfondo infondono un forte sentimento di melanconia.   (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Bazzi Giovanni Antonio detto Sodoma   (Vercelli 1477 - Siena 1549) Titolo: Pietà Datazione: 1540 Supporto : Olio su tavola Misure (cm): 69 x 58 Si trova: Galleria Borghese Luogo: Roma Giovanni Antonio Bazzi detto SODOMA, Sacra Famiglia (1525-1530) L’opera, documentata nella raccolta dalla metà del Seicento, è menzionata nell’ inventario del 1790 con l’attribuzione al Sodoma, nome poi sempre accettato dalla critica. Il dipinto fa parte di una serie di tavo

La fuga di Enea da Troia di Federico Barocci

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L'Arte di fotografare l'Arte © Photo by Massimo Gaudio Federico Barocci detto il FIORI, La fuga di Enea da Troia (1598) L’opera, firmata e datata, è documentata come replica del dipinto per Rodolfo II d’Asburgo, purtroppo perduto. La rappresentazione di questo episodio della storia di Enea costituisce un unicum nella produzione del pittore urbinate, costantemente impegnato su temi religiosi o ritratti. Non è chiaro come la tela sia giunta in Collezione, ma si ipotizza che sia stato lo stesso committente, Giuliano della Rovere, a donarla al cardinal Scipione. Nella tela si riconoscono riferimenti a due famosi artisti urbinati: Raffaello, per la ripresa dell’affresco con l’Incendio di Borgo in Vaticano, e Donato Bramante, per la presenza sullo sfondo del tempietto di S.Pietro in Montorio al Gianicolo.  (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Federico Barocci detto il Fiori   (Urbino 1535 -1612) Titolo: La fuga di Enea da Troia Datazione:

Andrea d'Agnolo detto ANDREA DEL SARTO alla Galleria Borghese

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   #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Andrea d'Agnolo detto ANDREA DEL SARTO, Pietà con quattro santi (1507) Citata per la prima volta nell’inventario del 1693 con l’attribuzione al Perugino, l’opera ha mantenuto il riferimento all’area umbra fino a quando è stata assegnata al catalogo di Andrea del Sarto, includendola tra le opere giovanili. Si tratta verosimilmente della predella della dispersa tavola della chiesa delle monache di Monte Domini a Greve in Chianti. Le figure (nel centro Cristo, la Madonna,san Giovanni evangelista e la Maddalena e ai lati da sinistra a destra, i santi Apollonia, Antonio da Padova, Elisabetta d’Ungheria e Margherita) sono coerentemente disposte nello spazio secondo quel rapporto architettonico figura-ambiente che diverrà costante nella sua produzione più matura.   (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Andrea d’Agnolo detto Andrea del Sarto   (Firenze 1486 -1531) Titolo: Pietà e quattro santi Da

Danae di Antonio Allegri detto Correggio

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  #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Antonio Allegri detto CORREGGIO, Danae (1530-1531) L’opera raffigura l’istante in cui Danae, figlia del re di Argo – che l’aveva rinchiusa in una torre per evitare di generare – si congiunge a Giove trasformato in pioggia d’oro. Dalla loro unione nascerà Perseo che, come aveva predetto un oracolo, provocherà la morte del re. La tela fa parte della serie degli Amori di Giove (insieme alla Leda, Il Ratto di Ganimede e Giove e Io) che Correggio dipinse per Federico II Gonzaga, allo scopo di farne dono a Carlo V in occasione della sua incoronazione a Bologna nel 1530. Danae è uno dei pochissimi dipinti di Correggio in cui la scena è ambientata in un interno domestico. L’intimità dell‘atmosfera è accresciuta dalla presenza dei due amorini che testano su una pietra di paragone la purezza dell’oro. Questo è presente sia nella punta della freccia tirata da Cupido, sia nelle goccioline di pioggia d’oro in cui si è trasformato il padre degli Dei,

Francesco Albani alla Galleria Borghese

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  #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Francesco Albani, L'acconciatura di Venere (1616-1617) Acquistato dal cardinale Scipione Borghese nel 1622, insieme agli altri tondi raffiguranti Venere nella fucina di Vulcano, Venere e Adone e Il trionfo di Diana, la serie celebra gli amori degli Dei che si risolvono con la vittoria finale della casta Diana su Venere. Nel tondo, il primo della serie, Venere si specchia mentre le ninfe la acconciano; sull’albero e in terra i putti giocano con i pomi, il risveglio della natura annuncia l’arrivo della primavera, stagione degli amori. L’artista, nel dipingere le quattro tele, utilizzò come modelli gli stessi membri della sua famiglia: per Venere le due mogli e per i puttini i figli. (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Francesco Albani (Bologna 1578 -1660) Titolo: L'acconciatura di Venere (la Primavera) Datazione: 1616 - 1617 Supporto : Olio su tela Misure (cm): 154 (diamet

Lorenzo Lotto alla Galleria Borghese

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#artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Lorenzo Lotto, Madonna col Bambino e i santi Ignazio di Antiochia e Onofrio (1508) Il dipinto firmato e datato risulta in collezione dal 1613. Nella tavola, con cornice originale, sono evidenti riferimenti a pittori veneti (Giovanni Bellini e Cima da Conegliano) così come forte è la ripresa di Dürer, attivo a Venezia nel 1506. Nulla si conosce sulla provenienza del dipinto, forse eseguito durante il soggiorno a Recanati (1506-08), oppure nel corso di quello romano iniziato alla fine del 1508, quando Lotto è attivo nelle Stanze Vaticane. La presenza dei due religiosi Onofrio e Ignazio di Antiochia è stata avvicinata alle idee riformatrici del tempo, che li proponevano come modelli di imitazione. (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Lorenzo Lotto (Venezia 1480 - Loreto 1557) Titolo: Madonna col Bambino e i santi Ignazio di Antiochia e Onofrio Datazione: 1508 Supporto : Olio su tela Misu

Negretti Jacopo detto Jacopo Palma il Vecchio alla Galleria Borghese

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Negretti Jacopo detto Jacopo Palma il Vecchio , Sacra Conversazione con le sante Barbara e Cristina e due devoti (1510-1520) Il dipinto è sicuramente rintracciabile negli inventari solo a partire dal fidecommisso del 1833. Il soggetto della tela, comunemente definito ‘Sacra conversazione’, sarà particolarmente gradito alla committenza privata, tanto da avere uno straordinario successo nel secolo XVI. Ai lati della Vergine, assisa su un trono dal basamento scolpito, sono inginocchiati i due committenti del quadro, rispettivamente presentati a sinistra da santa Barbara, identificabile per l’attributo della torre, e a destra da santa Cristina, che reca sotto il braccio la pietra da macina del martirio. (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Negretti Jacopo detto Jacopo Palma il Vecchio (Serina 1480 - Venezia 1528) Titolo: Sacra Conversazione con le sante Barbara e Cristina e due devoti Datazione:

Marco Basaiti, Adamo ed Eva alla Galleria Borghese

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Marco Basaiti, Adamo (1504) La tavola è pendant dell’altra con Eva (inv.131). In occasione del riordinamento del 1925, le tavole sono state riferite a un allievo di Bellini, Marco Basaiti: attribuzione in seguito accolta dalla critica. Evidenti sono i richiami all’incisione, ai disegni e ai dipinti raffiguranti i medesimi personaggi eseguiti dal grande artista tedesco Albrecht Dürer prima, durante e subito dopo il secondo soggiorno veneziano (1505-1507). All’incisore tedesco rimandano il bue e i conigli, desunti dal una stampa del 1504: i due animali simboleggiano rispettivamente l’indolenza flemmatica e la sensualità sanguigna, che avrebbero avvinto l’uomo dopo il peccato. (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Basaiti Marco (Venezia 1470 ca. - post 1530) Titolo: Adamo Datazione: 1504 Supporto : olio su tavola Misure (cm): 152 x 86 Si trova: Galleria Borghese Luogo:

Tiziano Vecellio, San Domenico

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Tiziano Vecellio, San Domenico (1565) Questa opera di Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1488/1490 - Venezia 1576), è esposta nella Sala di Psiche della Galleria Borghese in Roma. La notizia certa sull'ingresso nella Collezione Borghese del San Domenico , è il suo lascito da parte del cardinale Girolamo Bernerio del 1611 a favore del cardinale Scipione Borghese. Questa opera fa parte dell'ultimo periodo stilistico dell'artista (1565). Nell'olio su tela che misura 97 x 80 cm, Tiziano ha raffigurato il santo che emerge dallo sfondo scuro, ma non nero, dove viene evidenziata la sua figura nel cosueto abito dei frati predicatori formato da una tonaca bianca ed un mantello con cappuccio nero. Un raggio di luce proveniente di lato, oltre l'abito illumina il suo volto e la mano che ha l'indice rivolto verso l'alto.

Tiziano Vecellio, Cristo flegellato

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Tiziano Vecellio, Cristo flegellato (1560) Questa opera di  Tiziano Vecellio  (Pieve di Cadore 1488/1490 - Venezia 1576), è esposta nella Sala di Psiche della Galleria Borghese in Roma. Il  Cristo flagellato  risale all'ultimo periodo artistico di Tiziano (1560). Nell'olio su tela che misura 87 x 62,5 cm, l'artista enfatizza la drammaticità espressiva del Cristo legato alla colonna con toni scuri ed in alcuni punti i tratti risultano poco delineati. La luce che corre su parte del corpo martoriato e sofferente tanto da preannunciare l'inevitabile epilogo, porta lo sguardo sul volto che risalta sullo sfondo scuro in modo chiaro e ben definito rispetto al resto del dipinto, dove lo sguardo è rivolto verso l'alto come volesse comunicare con colui che lo avrebbe accolto a breve.  Com'è successo per le altre opere di Tiziano esposte nella Sala, anche di questa non si hanno notizie certe del suo ingresso all'interno de

Giovanni Bellini, Madonna col Bambino

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Giovanni Bellini, Madonna col Bambino (1510 ca.) La tavola, firmata sul cartiglio, è databile al 1510 circa, cioè nell’ultima fase dell’attività di Bellini, scomparso nel 1516. La totale paternità dell’artista è data poi dalla particolare relazione, compositiva e simbolica, che si crea tra i due personaggi in primo piano e lo sfondo. Quest’ultimo è costituito dalla cortina posta alle spalle della Vergine, tenuta aperta sul paesaggio caratterizzato in lontananza da montagne, da colline con castelli e da un sentiero percorso da due viandanti che termina, fisicamente e idealmente, nel punto dove si erge un pioppo tremulo, prossimo alla Madonna e al Bambino. Il pioppo è un noto simbolo della Passione di Cristo che, preannunciata anche dalle espressioni tristemente pensose della Vergine e del Bambino, conferisce a questo quadro di devozione privata un chiaro significato salvifico. (testo tratto dal sito Galleria Borghese) Autore: G