Post

Ingresso di Napoleone a Venezia il 29 novembre 1807 di Giuseppe Borsato

Immagine
A cura di Manuela Moschin del blog e pagina Facebook www.librarte.eu Nel 1797 le truppe di Napoleone Bonaparte conquistarono Venezia, in cui la Serenissima per undici secoli fu una delle potenze più ricche d'Europa. Quando Venezia divenne parte del Regno d'Italia, l'imperatore Napoleone decise di entrare a Venezia il 29 novembre 1807 con l'idea di trascorrervi una decina di giorni. In quell'occasione venne eretto un arco trionfale , un monumento posticcio posto di fronte alla chiesa di Santa Lucia , luogo in cui quarant'anni dopo fu costruita la stazione ferroviaria. L'arco fu progettato dall'architetto Giannantonio Selva (1751-1819), che si incontrò con Napoleone per definire il nuovo assetto che la città lagunare avrebbe assunto in futuro. Sorse così il Decreto portante vari provvedimenti a favore della città di Venezia del dicembre del 1807, dove sono elencate tutte le nuove opere edilizie. Nel dipinto di Giuseppe Borsato (1770-1849) appare sul Ca

Il gruppo dei Tetrarchi di Venezia

Immagine
A cura di Manuela Moschin Mi potete seguire anche nella pagina Facebook Librarte.eu e nel blog www.librarte.eu Tra la Basilica e il Palazzo Ducale si trova un gruppo scultoreo in porfido rosso (un materiale raro), chiamato “I Tetrarchi” (293-303 circa). Un tempo era collocato a Costantinopoli, nella piazza monumentale “Philadelphion”. Nel 1204, durante la Quarta Crociata, venne saccheggiato e trasportato a Venezia, assieme ad altri tesori. I quattro Tetrarchi, disposti a coppie, impugnano una spada e indossano il medesimo abbigliamento militare, costituito da mantello, corazza e copricapo. Ci sono varie interpretazioni rispetto al significato dell’abbraccio dei Tetrarchi, una delle quali risale al simbolo della “fraternitas” tra i Cesari e gli Augusti. Ognuno dei due Augusti stringe il proprio Cesare in un abbraccio cerimoniale. Inoltre, osservando la base del gruppo, ci si rende conto che un Tetrarca è senza un piede. È curioso sapere che il piede mancante è stato ritrovato a Costant

Jacopo Robusti detto TINTORETTO, Giuditta e Oloferne

Immagine
L'Arte di fotografare l'Arte © Photo by Massimo Gaudio Jacopo Robusti detto TINTORETTO e bottega, Giuditta e Oloferne (1577-1578) olio su tela - Museo Nazionale del Prado, Madrid Proveniente dal Museo Nazionale del Prado di Madrid, in questi giorni si trova presso la Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini e vi rimarrà fino al 27 marzo 2022 nell'ambito della mostra Caravaggio e Artemisia: La sfida di Giuditta .  Realizzato dal Tintoretto e dalla sua bottega, si caratterizza per la scelta di una composizione ampia, che permette l'inserimento di un gran numero di tettagli. La scena della storia biblica non si è ancora conlusa: l'elegante Giuditta compie il gesto di nascondere con una coperta il corpo di Oloferne ormai senza vita, mentre la sua ancella non ha ancora terminato di mettere la testa del condottiero Assiro all'interno della bisaccia. Tintoretto inserisce all'interno del dipinto molti particolari con l'intento di coinvolgere l&#

Caravaggio e Artemisia: La sfida di Giuditta - Palazzo Barberini

Immagine
  #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Sala 2 La Giuditta di Caravaggio e i suoi interpreti Poco più di due anni fa, pubblicai un articolo su Giuditta e Oloferne , partendo dall'omonimo dipinto di Caravaggio, realizzato su commissione del banchiere romano Ottavio Costa che, molto geloso dell'opera, proibì la sua visione per molto tempo, persino anche dopo la sua morte, ma ormai la voce dello splendore dell'opera si diffuse tra gli artisti del tempo che lo presero come modello. La mostra si sviluppa su cinque sale ed in ognuna di esse si possono ammirare dipinti di artisti che in qualche modo hanno seguito le orme di Caravaggio che, con la scena inevitabilmente cruenta, inventò una sorta di cronaca visiva del momento in cui Giuditta taglia la testa ad Oloferne. Alcuni dipinti seguono alla lettera gli insegnamenti del Merisi, altri invece hanno freferito raccontare gli istanti successivi alla decollazione. Molte sono le opere di pregio che si incontrano lungo il pe

Lelio Orsi, I santi Cecilia e Valeriano

Immagine
      #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Lelio Orsi, I santi Cecilia e Valeriano (1580 ca.) La tavola, firmata in lettere capitali puntate riportate sulla base dell’organo, raffigura il preludio del martirio dei santi Cecilia e Valeriano, quasi si trattasse di un episodio cortese filologicamente ricostruito in un teatrino ottocentesco. Nell’impaginazione della scena si colgono tratti convenzionali e discontinua è la stessa qualità dell’esecuzione – tanto da ipotizzare un pesante intervento di bottega – che pure ha i suoi elementi di forza in una cromìa preziosa dai toni smaltati. Di sicura mano del Maestro deve considerarsi probabilmente solo il panneggio raffinatissimo delle vesti dei due santi. Da notare gli strumenti raffigurati accanto a Cecilia, protettrice della Musica.  (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Lelio Orsi   (Novellara 1508 - 1587) Titolo: Ritratto di uomo Datazione: 1580 ca. Supporto : Olio su tav

Girolamo Francesco Maria Mazzola detto PARMIGIANINO, Ritratto di uomo

Immagine
L'Arte di fotografare l'Arte © Photo by Massimo Gaudio Girolamo Francesco Maria Mazzola detto PARMIGIANINO, Ritratto di uomo (1530 ca.) La tavola risulta in Collezione a partire dall’inventario del 1693, dove compare con la corretta attribuzione al Parmigianino. Concepito come un primo piano ravvicinato, il dipinto venne probabilmente eseguito a Roma intorno al 1526, durante il soggiorno dell’artista nei mesi che precedettero il drammatico Sacco dei Lanzichenecchi ( 1527). Il giovane uomo, identificato come un prelato per via dell’abito nero, potrebbe essere al contrario un gentiluomo, come risulta dal ‘robone’ e tricorno dello stesso colore.   (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Girolamo Francesco Maria Mazzola  detto Parmigianino   (Parma 1503 - Casalmaggiore 1540) Titolo: Ritratto di uomo Datazione: 1530 ca. Supporto : Olio su tavola Misure (cm): 58 x 46 Si trova: Galleria Borghese Luogo: Ro

Andrea d'Agnolo detto Andrea del Sarto, Madonna con Bambino tra i santi Francesco d'Assisi e Giovanni Evangelista detto Madonna delle Arpie

Immagine
    #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Andrea d'Agnolo detto Andrea del Sarto, Madonna con Bambino tra i santi Francesco d'Assisi e Giovanni Evangelista detto Madonna delle Arpie (1517) Giorgio Vasari, che da giovane artista ebbe modo di frequentare la sua bottega, definì Andrea del Sarto “il pittore senza errori”. Il suo stile, fondato sullo studio delle opere di Michelangelo e Raffaello e caratterizzato da un notevole equilibrio compositivo e da un elevato controllo formale, ebbe grande influenza sui pittori fiorentini del Cinquecento tanto da essere ritenuto fondamentale per la genesi della “maniera”. Questo dipinto gli fu commissionato per le suore del monastero di San Francesco de’ Macci. Nel solido e rigoroso impianto compositivo egli coniuga in maniera eccezionalmente armoniosa lo schema piramidale tipico delle Madonne di Raffaello, con la monumentalità delle figure derivate da Michelangelo, ma addolcite dai delicati colori sfumati di ascendenza leonardiana.