Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta Olio si tela

Jacopo Robusti detto TINTORETTO, Giuditta e Oloferne

Immagine
L'Arte di fotografare l'Arte © Photo by Massimo Gaudio Jacopo Robusti detto TINTORETTO e bottega, Giuditta e Oloferne (1577-1578) olio su tela - Museo Nazionale del Prado, Madrid Proveniente dal Museo Nazionale del Prado di Madrid, in questi giorni si trova presso la Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini e vi rimarrà fino al 27 marzo 2022 nell'ambito della mostra Caravaggio e Artemisia: La sfida di Giuditta .  Realizzato dal Tintoretto e dalla sua bottega, si caratterizza per la scelta di una composizione ampia, che permette l'inserimento di un gran numero di tettagli. La scena della storia biblica non si è ancora conlusa: l'elegante Giuditta compie il gesto di nascondere con una coperta il corpo di Oloferne ormai senza vita, mentre la sua ancella non ha ancora terminato di mettere la testa del condottiero Assiro all'interno della bisaccia. Tintoretto inserisce all'interno del dipinto molti particolari con l'intento di coinvolgere l&#

Tiziano Vecellio, Flora

Immagine
  #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Tiziano Vecellio, Flora (1517 ca.) La giovane donna emerge dal fondo bruno del dipinto porgendo con la mano destra un mazzo di fiori primaverili, composto di roselline, viole, gelsomini; è abbigliata all’antica, con una candida camiciola che scivola sulla spalla destra lasciando intravedere il seno, mentre reclina dolcemente la testa sulla spalla sinistra, volgendo lo sguardo fuori dallo spazio dipinto. Il suo volto, dai tratti delicatissimi, corrisponde perfettamente ai canoni della bellezza rinascimentale cinquecentesca: pelle chiara e luminosa, il rosa sulle guance, e il viso incorniciato da lunghi capelli sciolti, biondo ramati, il colore tipico delle chiome delle donne ritratte da Tiziano (da qui il termine “rosso Tiziano”). L’identificazione del soggetto come “Flora”, la ninfa sposa di Zefiro di origine greca le cui gesta sono narrate da Ovidio, risale a Joachim von Sandrart, storiografo olandese, che nel 1635 circa vide l’opera n

Michelangelo Merisi detto CARAVAGGIO, Bacco

Immagine
    #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Michelangelo Merisi detto CARAVAGGIO, Bacco (1598 ca.) Il dipinto si inserisce nella serie giovanile delle mezze figure dipinte "in chiaro" che annovera opere come il "Fruttaiolo" della Galleria Borghese di Roma, il "Fanciullo morso dal ramarro" della Fondazione Longhi di Firenze , il "Canestro di frutta" della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Caravaggio, protagonista a Roma nella prima decade del Seicento di una rivoluzione in pittura che invase l’Europa intera, ostenta in quest’opera una magistrale resa naturalistica del mondo vegetale. Sorprendente la resa del cesto di frutta e della coppa di vino offerto dal Dio , brani intesi da alcuni studiosi come invito oraziano alla vita frugale, alla convivialità e all'amicizia. La scultorea figura di Bacco, dall’espressione stordita dal vino è esemplata su modelli dell’arte classica, in particolare in ritratti di Antinoo, e appare intrisa di una s

Honthorst Gerrit van detto Gherardo delle notti alla Galleria Borghese

Immagine
     #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Gerrit van Honthorst, Concerto (il furto dell'amuleto) (1621) Il Concerto si può datare alla seconda parte del soggiorno romano di van Honthorst (1610 – 1621). Il tema dell’opera sembra risentire della morale religiosa dei Paesi Bassi, dove la musica, arte eccellente e virtuosa, è tuttavia fugace, tanto da essere associata alla vanità. Il soggetto dell’opera va identificato come un vero e proprio inganno ai danni del giovane che, intento a cantare, non si accorge che la fanciulla gli sta per sfilare il piccolo amuleto in forma di croce che gli pende dall’orecchio, con la complicità della vecchia sdentata e del suonatore del basso di viola.  (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Honthorst Gerrit van detto Gherardo delle notti   (Utrecht 1590 - 1656) Titolo: Concerto (il furto dell'amuleto) Datazione: 1621 Supporto : Olio su tela Misure (cm): 168 x 202 Si trova:

Giuditta con la testa di Oloferne di Fede Galizia

Immagine
L'Arte di fotografare l'Arte © Photo by Massimo Gaudio Fede Galizia, Giuditta con la testa di Oloferne (1601)  L’opera firmata e datata nel bordo del catino, proviene dall’eredità del cardinale Salviati. Il soggetto è raccontato nel Vecchio Testamento: l’ebrea Giuditta, che salvò la patria dall’invasione assira, è simbolo della Fortezza e come salvatrice del suo popolo prefigura la Madonna ed è invocata nel giorno dell’Immacolata Concezione. L’episodio è presentato dalla pittrice, particolarmente abile nella resa delle stoffe e gli ornamenti, accentuandone il significato vittorioso nella bellezza della donna, elegantemente vestita, ed escludendo dalla rappresentazione il momento drammatico e violento della decapitazione.   (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Fede Galizia    (Milano 1578 ca - 1630) Titolo: Giuditta con la testa di Oloferne Datazione: 1601 Supporto : Olio su tela Misure (cm): 141 x 108 Si trova:

Danae di Antonio Allegri detto Correggio

Immagine
  #artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Antonio Allegri detto CORREGGIO, Danae (1530-1531) L’opera raffigura l’istante in cui Danae, figlia del re di Argo – che l’aveva rinchiusa in una torre per evitare di generare – si congiunge a Giove trasformato in pioggia d’oro. Dalla loro unione nascerà Perseo che, come aveva predetto un oracolo, provocherà la morte del re. La tela fa parte della serie degli Amori di Giove (insieme alla Leda, Il Ratto di Ganimede e Giove e Io) che Correggio dipinse per Federico II Gonzaga, allo scopo di farne dono a Carlo V in occasione della sua incoronazione a Bologna nel 1530. Danae è uno dei pochissimi dipinti di Correggio in cui la scena è ambientata in un interno domestico. L’intimità dell‘atmosfera è accresciuta dalla presenza dei due amorini che testano su una pietra di paragone la purezza dell’oro. Questo è presente sia nella punta della freccia tirata da Cupido, sia nelle goccioline di pioggia d’oro in cui si è trasformato il padre degli Dei,

Lorenzo Lotto alla Galleria Borghese

Immagine
#artiebellezzeitaliane Photo by  Massimo Gaudio Lorenzo Lotto, Madonna col Bambino e i santi Ignazio di Antiochia e Onofrio (1508) Il dipinto firmato e datato risulta in collezione dal 1613. Nella tavola, con cornice originale, sono evidenti riferimenti a pittori veneti (Giovanni Bellini e Cima da Conegliano) così come forte è la ripresa di Dürer, attivo a Venezia nel 1506. Nulla si conosce sulla provenienza del dipinto, forse eseguito durante il soggiorno a Recanati (1506-08), oppure nel corso di quello romano iniziato alla fine del 1508, quando Lotto è attivo nelle Stanze Vaticane. La presenza dei due religiosi Onofrio e Ignazio di Antiochia è stata avvicinata alle idee riformatrici del tempo, che li proponevano come modelli di imitazione. (testo tratto dal sito della Galleria Borghese) Autore: Lorenzo Lotto (Venezia 1480 - Loreto 1557) Titolo: Madonna col Bambino e i santi Ignazio di Antiochia e Onofrio Datazione: 1508 Supporto : Olio su tela Misu

Giovan Battista Barbieri detto GUERCINO, La morte di Didone

Immagine
#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Giovan Battista Barbieri detto GUERCINO, La morte di Didone (1631) Galleria Spada - Roma Organizzata come un'imponente e nobile messa in scena teatrale, questo capolavoro del Guercino illustra il momento cruciale del suicidio della regina Didone, ormai abbandonata da Enea (Virgilio, Eneide, libro IV). Mentre le navi dell'eroe si allontanano sullo sfondo, nel primo piano si consuma un dramma di cui sono attoniti testimoni la sorella Anna, le ancelle e svariati personaggi che commentano la scena e le conseguenze della partenza di Enea, così come quelle dell'abbandono alla passione a scapito della ragione. Opera "parlante", secondo lo stile del pittore, che narra delle vicende di una sovrana, la Morte di Didone era davvero un quadro degno di una destinazione reale, essendo inizialmente stato commissionato dal Cardinal Bernardino Spada per Maria de' Medici, regina di Francia. A seguito del rovescio di fortu

TIZIANO Vecellio, Ritratto di violinista

Immagine
#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio TIZIANO Vecellio, Ritratto di violinista (1512-1513) Galleria Spada - Roma Probabilmente eseguito intorno al 1512-13, il Ritratto di musico è un capolavoro giovanile di Tiziano Vecellio, che sfruttò qui in modo magistrale tutte le possibilità espressive delle tonalità dei neri, dei grigi e dei bruni. Originalissima è la ripresa del personaggio – un suonatore di violone di cui non conosciamo l'identità – fissato dal pittore mentre si volta verso lo spettatore, trattenendo con la mano guantata un lungo cartiglio che sporge oltre una balaustra. L'atteggiamento profondamente naturale e dinamico della figura, non priva di una qualità leggermente enigmatica, è accentuato dall'acutezza dello sguardo, acceso dal tono luminoso dell'incarnato. La maestria di Tiziano nell'uso di un colore vivo, che dà sostanza alle cose senza definirle con il disegno, è evidente nei minimi dettagli: nel lembo di camicia che spunta dal g

Guido Reni, Ritratto del Cardinale Bernardino Spada

Immagine
#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Guido Reni, Ritratto del Cardinale Bernardino Spada (1631) Galleria Spada - Roma Rarissimo esempio della produzione ritrattistica di Guido Reni, il dipinto fu eseguito a Bologna tra il 1630 e il 1631, quando il Cardinal Bernardino ricopriva la funzione di legato pontificio nella città emiliana. Vertice assoluto di introspezione psicologica, questo capolavoro della ritrattistica italiana del Seicento restituisce la nobiltà, la finezza intellettuale e la spiritualità del Cardinale, mostrato all'interno del proprio studio in atto di scrivere una missiva al pontefice, come indica la scritta Beatus Padre che compare sul foglio; alle sue spalle, l'archivio contenente la corrispondenza del porporato, una soluzione che ci trasporta sia nel mondo ufficiale che in quello più intimo del personaggio ritratto.  La magistrale abilità di Guido Reni nel rendere la naturalezza delle cose, al contempo divinizzandole, è evidente qui sia

Artemisia Gentileschi, Madonna che allatta

Immagine
L'Arte di fotografare l'Arte © Photo by Massimo Gaudio Artemisia Gentileschi, Madonna che allatta (1610-1611) Galleria Spada - Roma L'originalissimo e celebre dipinto mostra, in modo del tutto inedito, una Vergine Maria che si è leggermente assopita mentre allatta il Bambino: il capo leggermente reclinato, gli occhi socchiusi, la mano sinistra abbandonata ci parlano della dolcezza, ma anche della fatica, della maternità, in una nuova visione dell'arte che si ispira direttamente al vero, senza per questo perdere i suoi densi riferimenti spirituali. E' stata la giovanissima Artemisia Gentileschi, figlia del pittore Orazio, a ideare questa scena intima in cui un biondo Gesù infante pare risvegliare la madre con una leggera carezza; dall'arte del padre pittore deriva, invece, l'estremo preziosismo del colore, brillante, sfumato in una serie di trapassi di rosa perla luminosi e cangianti, che molto devono alla tradizione toscana. Databile intorno al 1610, il d

Giovanni Battista Gaulli detto IL BACICCIA, Il Trionfo del nome di Gesù

Immagine
#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Giovanni Battista Gaulli detto IL BACICCIA, Il Trionfo del nome di Gesù (1677 ca.) Galleria Spada - Roma Questo luminoso "bozzettone" è un grande modello preparatorio per la più importante decorazione a fresco del barocco romano, la volta della chiesa del Gesù, a pochi passi da piazza Venezia.  Si tratta di una testimonianza preziosa sia per le dimensioni che per il grado di finitura, nonchè per la qualità eccelsa della pittura e per l'importanza dell'affresco finale che ad essa fa riferimento.  Giovan Battista Gaulli, fondamentale protagonista della pittura romana della seconda metà del Seicento, eseguì la decorazione del Gesù tra 1668 e 1679; i Gesuiti richiesero dei modelli per l'approvazione dell'opera da compiersi e il pittore presentò, quindi, la sua visione dello sfolgorante trionfo, al centro del sole e in mezzo alle schiere angeliche, del monogramma di Cristo, IHS, emblema della compagnia di sa

Giovanni Luteri detto Dosso Dossi, Melissa

Immagine
#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Giovanni Luteri detto DOSSO DOSSI, Melissa (1520) Galleria Borghese - Roma Il dipinto è da collocarsi negli anni della prima maturità del pittore ferrarese. Raffigura una donna in primo piano dall’aspetto imponente, che indossa un turbante e abiti sontuosi dai colori sgargianti. Immersa in un paesaggio boschivo, è seduta all’interno di un cerchio in cui sono trascritti simboli che richiamano la Cabala ebraica; nella mano sinistra impugna una fiaccola, mentre con la destra regge una tavoletta con disegni geometrici.  La figura femminile è stata identificata con una maga, inizialmente Circe, successivamente Melissa, secondo la descrizione data da Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso (VIII canto 14-15). Melissa libera da malvagi incantesimi alcuni paladini: il riferimento potrebbe trovarsi nelle piccole figure umane appese all’albero sulla sinistra dell’opera.  Il restauro ha evidenziato vari pentimenti: sulla sinistra del dipint