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Giovanni Luteri detto Dosso Dossi, Apollo

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Giovanni Luteri detto DOSSO DOSSI, Apollo (1622 ca.) Galleria Borghese - Roma L’Apollo di Dosso, datato generalmente intorno al 1522, entrò nella collezione Borghese nel 1659 per volontà testamentaria di Luigi Capponi, come omaggio alla famiglia di Paolo V che lo aveva eletto cardinale. L’artista, attivo alla corte di Alfonso d’Este a Ferrara, realizzò probabilmente il dipinto in occasione dell’unione tra il duca e Laura Dianti, avvenuta dopo la morte della moglie Lucrezia Borgia (1519). L’ipotesi è stata avanzata in considerazione sia del legame lessicale tra il nome di Laura e il lauro di cui Apollo si cinge il capo, sia il culto di cui godeva il dio presso il duca. La figura di Apollo ha un carattere fortemente classicheggiante, influenzato probabilmente dal celebre Torso del Belvedere e dalla pittura di Raffaello e Michelangelo.  (testo tratto dal sito Galleria Borghese) Autore: Giovanni Luteri detto Dosso

Giovanni Luteri detto Dosso Dossi, Melissa

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Giovanni Luteri detto DOSSO DOSSI, Melissa (1520) Galleria Borghese - Roma Il dipinto è da collocarsi negli anni della prima maturità del pittore ferrarese. Raffigura una donna in primo piano dall’aspetto imponente, che indossa un turbante e abiti sontuosi dai colori sgargianti. Immersa in un paesaggio boschivo, è seduta all’interno di un cerchio in cui sono trascritti simboli che richiamano la Cabala ebraica; nella mano sinistra impugna una fiaccola, mentre con la destra regge una tavoletta con disegni geometrici.  La figura femminile è stata identificata con una maga, inizialmente Circe, successivamente Melissa, secondo la descrizione data da Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso (VIII canto 14-15). Melissa libera da malvagi incantesimi alcuni paladini: il riferimento potrebbe trovarsi nelle piccole figure umane appese all’albero sulla sinistra dell’opera.  Il restauro ha evidenziato vari pentimenti: sulla sinistra del dipint

Gian Lorenzo Bernini, David

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Gian Lorenzo Bernini, David (1623-1624) Galleria Borghese - Roma Bernini raffigura l’eroe biblico nell’istante che precede il lancio della pietra che colpirà il gigante Golia, chiamato dai Filistei per combattere contro l’esercito israelita del re Saul. A terra si trovano la corazza donata dal sovrano e una cetra, consueto attributo dell’eroe, qui significativamente terminante in una testa d’aquila, evidente testimonianza della committenza e dell’intento celebrativo del casato Borghese.  La scultura nella parte posteriore non è rifinita, poiché in origine era addossata a una parete della Sala del Vaso, attuale Sala I. Come per l’Apollo e Dafne, tale posizione esaltava nello spettatore la percezione dello sviluppo dell’azione attraverso la torsione del corpo e delle braccia contratte sulla fionda, fino ad arrivare alla visione del volto concentrato nello sforzo del momento (dove, secondo le fonti, andrebbe riconosciuto lo stesso G

Lamine d'oro da Pyrgi

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Lamine d'oro da Pyrgi (fine VI sec. A.C.) Museo di scultura all'aperto nell'area di Valle Giulia - Roma Ritrovate sepolte nell’area del santuario extraurbano di Pyrgi (Santa Severa), antico porto di Caere (Cerveteri), le tre lamine d’oro erano in origine affisse sullo stipite della porta del tempio B risalente al 510 a.C.; le lamine hanno restituito altrettante iscrizioni, due in etrusco e la terza che ne costituisce la sintesi in lingua fenicia. Il testo ricorda la dedica del tempio B alla dea etrusca Uni, Astarte nell’iscrizione fenicia, da parte di Thefarie Velianas “re su Caere”, ovvero tiranno della città. Le informazioni fornite trovano conferma nei rinvenimenti archeologici in parte esposti nelle sale del Museo e aprono uno spaccato sui rapporti intercorsi tra gli Etruschi e i Cartaginesi, per l’appunto di origine fenicia, nella comune lotta contro i Greci per il dominio del Mediterraneo, basti pensare alla ce

Altorilevo di Pyrgi

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Altorilievo di Pyrgi (470-460 a.C.)  Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia   - Roma Una scena densamente popolata di figure caratterizza l’altorilievo che copriva la testata posteriore della trave di colmo del tetto del tempio A; quest’ultimo costruito intorno al 470 a. C. nel santuario extraurbano di Pyrgi (Santa Severa), porto di Caere (Cerveteri), era dedicato a Thesan, dea etrusca dell’aurora.  L’artista con uno sforzo di estrema sintesi e originalità riesce a raccontare le storie di due personaggi del mito, Tideo e Capaneo, di cui bisogna conoscere l’antefatto.  Siamo sotto le mura della città di Tebe, dove Eteocle e Polinice, i due figli maledetti di Edipo, lottano per il potere: Eteocle, re legittimo, è asserragliato con i Tebani nella città, mentre fuori i guerrieri provenienti da Argo, alleati dell’usurpatore Polinice, ne tentano l’assalto. Come sempre gli dei assistono allo scontro ed intervengono.  E infatti al cent

Anfora di tipo Panatenaico

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Anfora di tipo Panatenaico (530-510 a.C.) Museo Nazionale etrusco di Villa Giulia - Roma L’anfora proviene dalla Tomba del Guerriero di Vulci, appartenuta a un personaggio di alto rango, vissuto nella seconda metà del VI secolo a.C. e sepolto con un ricco corredo che comprendeva armi da offesa e difesa, un carro e pregiato vasellame in bronzo e ceramica. Su un lato dell’anfora, fra due colonne che sorreggono dei galli, la dea Atena avanza verso sinistra brandendo una lancia. Il Iato opposto mostra due pugili in combattimento, alla presenza di un compagno e del giudice di gara, il quale è ammantato e impugna un’asta. Gli atleti hanno una folta barba, sembrano aver superato la prima giovinezza e indossano delle protezioni sulle mani.  Il vaso, attribuito al Pittore di Antimenes, è chiaramente ispirato alle anfore panatenaiche ma ha una forma leggermente diversa (il collo è più largo e il piede meno affusolato), dimensioni minori

Apollo di Veio

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Apollo di Veio (510-500 a.C.) Museo Nazionale etrusco di Villa Giulia - Roma Ritrovata in frammenti nel 1916, la scultura in terracotta policroma rappresenta il dio Apollo, vestito con chitone e mantello, mentre incede a piedi nudi con il braccio sinistro teso in avanti e l’altro abbassato, forse a reggere l’arco.  Insieme ad altre statue anche questa era destinata a decorare la sommità del tetto del tempio di Portonaccio a Veio, dedicato alla dea etrusca  Menerva  (Atena) e datato alla fine del VI secolo a. C.  L’atteggiamento minaccioso di Apollo è, dunque, da mettere in relazione con la statua di Eracle esposta nella sala di fronte a lui e appartenente allo stesso contesto: il dio è pronto a lottare con l’eroe che ha appena catturato la cerva dalle corna d’oro, sacra a sua sorella Artemide.  Le statue di Portonaccio sono state attribuite al “Maestro dell’Apollo” appartenente all’ultima generazione di scultori in argilla (coro

Sarcofago degli sposi

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Sarcofago degli sposi (530-520 a.C.) Museo Nazionale etrusco di Villa Giulia - Roma Ricomposto da circa quattrocento frammenti, il Sarcofago degli sposi è in realtà un’urna destinata ad accogliere i resti materiali dei defunti.  Plasmata a tutto tondo, l’opera rappresenta una coppia di coniugi distesi su un letto ( kline ) con il busto sollevato frontalmente nella tipica posizione del banchetto. L’uomo cinge con il braccio destro le spalle della donna, così che i loro volti dal tipico “sorriso arcaico” risultano vicinissimi; la disposizione delle mani e delle dita suggerisce l’originaria presenza di oggetti ora perduti, come una coppa per bere vino o un piccolo vaso da cui versare del prezioso profumo.  Gli Etruschi riprendono l’ideologia del banchetto dai Greci come segno di distinzione economica e sociale e richiamano l’adesione a questa pratica anche in ambito funerario, come testimoniano le frequenti scene di banchetto dipin

Domenico Zampieri detto DOMENICHINO, Sibilla Cumana

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Domenico Zampieri detto DOMENICHINO, Sibilla Cumana (1622) - Musei Capitolini - Roma Secondo la tradizione le Sibille (pagane) avevano preannunciato la nascita di Cristo, così come i profeti biblici: al monoteismo ebraico e cristiano rimanda la scritta in greco del cartiglio (“C’è un solo Dio infinito e non generato”). La loro raffigurazione nella pittura del Seicento era l’occasione per dipingere raffinate figure femminili, come questa realizzata da Domenichino a Roma nel 1622, combinando insieme posa classica e morbida sensualità.  E’ diventata nel tempo una delle immagini simboliche della sontuosa pittura del Barocco romano.  Registrata nel Seicento e nella prima metà del Settecento nella collezione romana della famiglia Pio, la tela venne ceduta al pontefice Benedetto XIV nel 1750, insieme a numerosi capolavori della celebre raccolta, e venne destinata dal papa alla Pinacoteca Capitolina, istituita da poco sul Campidoglio

Mosaico con maschere sceniche ai Musei Capitolini

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Mosaico con maschere sceniche (II sec. d.C.) Musei Capitolini - Roma   Il mosaico, trovato nel 1824 nella Vigna dei Gesuiti sull'Aventino, di fronte alla chiesa di Santa Prisca, sul luogo delle terme costruite dall'imperatore Traiano Decio (249-251 d.C.), fu acquistato e collocato in questa sala dall'allora papa Leone XII (1823-1829).  Raffigura due maschere poggiate sullo zoccolo aggettante di due pareti disposte ad angolo, viste in prospettiva; a una parete sono appoggiati due flauti, che proiettano su di essa la loro ombra. La maschera femminile ritrae una donna con grandi occhi e bocca spalancata; tra i capelli, arricciati a lunghi boccoli, è legato un nastro, annodato a fiocco sopra il centro della fronte. Nell'uomo i tratti fisionomici sono accentuati e ridicolizzati: la bocca enorme, il naso largo e schiacciato, gli occhi sporgenti, le guance raggrinzite, sulla testa una corona di edera e bacche, ornamen

Statua di fanciulla con colomba ai Musei Capitolini

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#artiebellezzeitaliane Photo by Massimo Gaudio Statua di fanciulla con colomba (II sec. a.C.) - Musei Capitolini - Roma   La statua, posta al centro della sala, rappresenta una fanciulla che protegge una colomba dall'assalto di un serpente, riparandola nella piega del mantello che copre la lunga tunica. Il serpente è il prodotto di un restauro moderno. Si tratta di una copia romanda da un originale ellenistico, età durante la quale si sviluppa l'attenzione per gli aspetti della vita quotidiana, indagata in tutte le sue forme.  Tipica è la rappresentazione dei bambini, spesso colti nel giuoco, come in questa scultura. In particolare il motivo figurativo della fanciulla con colomba trova un possibile antecedente nei rilievi delle stele funerarie greche del V e del VI secolo a.C. (testo dal sito dei Musei Capitolini) Autore: - Titolo: Statua di fanciulla con colomba Supporto: Marmo Anno: Da originale el